In questi giorni di festa mi sono ritrovata a sfogliare
diversi libri che possiedo da molto tempo e che amo molto leggere nei momenti
di relax. Tra le tante cose interessanti che ho letto, ho trovato alcune
tradizioni e leggende legate al Natale e alle piante che da sempre lo rappresentano,
così ho pensato di metterle nel mio blog.
L’ABETE
Nell’alfabeto arboreo dei druidi, dove ogni lettera prende
il nome da un albero o un arbusto di cui è l’iniziale, l’abete bianco (ailm)
corrisponde alla prima lettera.
Fin dall’antico Egitto l’abete fu considerato l’albero della
Natività, non meno importante della palma perché era la pianta sotto la quale
era nato il dio di Biblos.
In Grecia l’abete bianco (elàte) era sacro alla dea
Artemide, cioè alla luna, protettrice delle nascite, in onore della quale si
sventolava durante le feste dionisiache un suo ramo intrecciato con edera e
adornato in punta da una pigna.
L’abete, insieme alla betulla, è considerato tra le
popolazioni dell’Asia settentrionale un albero cosmico che si erge al centro
dell’universo, la cui cima penetra nel cielo e le sue radici affondano negli
inferi.
Nel calendario celtico l’abete era consacrato al giorno
della nascita del Fanciullo divino: giornata che seguiva quella del solstizio
d’inverno.
Il legame tra l’albero e il solstizio è documentato anche
nei paesi scandinavi e germanici, dove nel Medioevo ci si recava poco prima
delle feste solstiziali nel bosco a tagliare un abete che, portato a casa,
veniva decorato con ghirlande, uova dipinte e dolciumi.
Nei paesi latini l’abete natalizio, scomparso in molti
territori durante la loro evangelizzazione, ritornò molto tardi. Nel 1840 la
principessa Elena Mecklenburg, sposa del duca di Orléans, introdusse l’albero
di Natale alle Tuileries, suscitando la sorpresa generale della corte.
Fu così che l’uso di decorare per Natale l’abete si diffuse
a poco a poco anche nei paesi latini, a simboleggiare la nascita di Cristo come
Albero della vita.
Gli addobbi dell’albero hanno assunto anch’essi un significato
religioso: i lumini simboleggiano la luce che il Cristo dispensa all’umanità, i
frutti dorati, i dolciumi e i regalini appesi ai suoi rami o posti ai suoi
piedi sono il simbolo della Vita spirituale e dell’Amore che Egli ci offre.
Radunarsi la notte di Natale attorno all’albero significa dunque essere
illuminati dalla sua luce, godere della sua linfa ed essere pervasi dal suo
amore.
In Tirolo e in Svizzera si narra tra i montanari che il
genio della foresta abitasse in un vecchio abete. Si credeva che vegliasse sul
bestiame e portasse prosperità e fecondità alle fattorie.
In Savoia l’albero neutralizzava il malocchio e impediva al
fulmine di cadere. Affinché la sua influenza fosse più intensa, la cima veniva
mozzata in modo che i rami rimasti rappresentassero le cinque dita della mano
aperta.
IL CEPPO DI NATALE
Mentre l’usanza dell’abete solstiziale, scomparsa dalle
tradizioni italiane con la cristianizzazione, sarebbe poi riapparsa timidamente
all’inizio del ‘900 per poi diffondersi nel dopoguerra sulla scia della
colonizzazione americana, era rimasta viva invece la tradizione del ceppo, che
oggi tuttavia è diventata molto rara.
Il ceppo o ciocco natalizio veniva chiamato in modo diverso
a seconda delle regioni ed era il sostituto dell’albero natalizio.
Si diceva che il ciocco servisse per scaldare il bambin
Gesù, doveva quindi bruciare fino all’alba ma non consumarsi del tutto perché
lo si doveva riaccendere ogni notte, fino all’Epifania, affinché portasse
fortuna. I suoi resti si sotterravano in parte in campagna per preservare i
raccolti dalle intemperie e dalle tempeste, mentre quelli meno carbonizzati si
riaccendevano quando nascevano i bachi da seta perché crescessero forti e
immuni da malattie.
IL VISCHIO
Per le feste natalizie si usa appendere il vischio agli usci
delle case o di portarne al collo un rametto perché lo si considera un amuleto
contro le disgrazie e gli influssi negativi. Guai però a raccoglierlo con le
mani e soprattutto con la sinistra, si attirerebbe la malasorte.
Se si passa in compagnia sotto il vischio, ci si deve
baciare, e se una ragazza non riceve questo bacio non si sposerà nell’anno
successivo. In qualche regione dell’Inghilterra, per scongiurare il rischio di
rimanere zitelle, nella notte del 6 gennaio se ne deve bruciare il mazzo che ha
addobbato la casa durante le feste natalizie.
Queste usanze ci giungono dai Celti che consideravano il
vischio una pianta misteriosa, donata dagli dei poiché non aveva radici e
cresceva come parassita sul ramo di un’altra pianta. Favoleggiavano che
crescesse là dove era caduta la folgore: simbolo di una discesa della divinità.
Se vi piace sapere le tradizioni e la storia delle piante
che ci circondano vi consiglio un libro da cui ho preso spunto per questo post,
che si chiama FLORARIO di Alfredo Cattabiani, ed. Mondadori.
Auguro a tutti voi di trascorrere un Buon Natale con le
persone che amate!
A presto!