sabato 30 marzo 2013

Girati girati bimbo…podalico!



Uno dei traguardi nel cammino del riconoscimento delle tecniche alternative dalla medicina ufficiale è sicuramente l’introduzione della moxibustione tra le pratiche ostetriche, all’interno degli ospedali.
Ma cos’è questa moxa? E soprattutto, a cosa serve?
La moxa è una delle tecniche antiche usate in Medicina Tradizionale Cinese e consiste nell’utilizzo di un bastoncino di Artemisia (o carbone di Artemisia) da incendiare ad un’estremità e avvicinare ai punti energetici dei meridiani a seconda del tipo di intervento da fare. 

Bastoncini di Moxa
Artemisia Vulgaris
Sono molti i suoi utilizzi, e tra questi uno che sta diventando particolarmente noto anche in occidente, è la stimolazione con il calore di alcuni punti nel piede per favorire la rotazione del feto quando esso è podalico.
In realtà si tratta semplicemente di avvicinare il bastoncino di Artemisia acceso nel punto 67V in corrispondenza dell’angolo ungueale esterno del mignolo del piede. 
Tale applicazione deve essere fatta tutti i giorni per trenta minuti (quindici per ciascun piede) partendo dalle ultime tre settimane di gravidanza. I ginecologi cinesi a volte abbinano anche l’agopuntura.
Secondo la Medicina Tradizionale Cinese il feto, quando si presenta podalico, fluttua nel liquido amniotico in modo anomalo, e questo dipende da una disarmonia dei Fluidi corporei. La vescica è il viscere che presiede alla regolazione di tali fluidi e perciò va tonificato agendo sul suo meridiano, appunto nel 67V, il suo ultimo punto.
Studi approfonditi hanno in seguito dimostrato che tale meridiano ha una relazione con i meccanismi ormonali che regolano il parto.

Da affiancare alla pratica della moxa, per aumentarne l’efficacia, la donna può eseguire un esercizio per stimolare anch’essa la rotazione fetale.
Ci si dispone sdraiata supina in modo comodo, magari utilizzando dei cuscini, e ci si massaggia l’addome in senso rotatorio. L’esercizio va ripetuto più volte in più giorni, e il feto tenderà a girarsi seguendo la direzione delle manovre eseguite. Ovviamente sia questo esercizio che la moxa andranno sospesi a obiettivo raggiunto.

Buona Pasqua a tutti voi!

domenica 24 marzo 2013

Questo piccolo fiorellin...



La floriterapia per molti è qualcosa di sconosciuto, per altri è un supporto nelle difficoltà, per altri ancora uno strumento di conoscenza del proprio sé oppure una delle tante terapie alternative proposte dagli operatori del benessere ed erboristi.
Per me è sempre stato un argomento estremamente affascinante e studiandola nel tempo una vera e propria rivelazione. Non solo il rimedio floriterapico è qualcosa che apre nuove porte di luce all’interno del nostro mondo interiore, ma anche qualcosa che pian piano ci aiuta ad evolvere in modo positivo e a sviluppare al meglio le nostre potenzialità.
Ho sempre ritenuto che la floriterapia possa aiutare anche attraverso la lettura delle caratteristiche dei singoli fiori. A chi di voi è capitato di leggere qualcosa su internet, sui libri o nei giornali avrà pensato probabilmente di aver bisogno di tutti i fiori descritti, ma tra questi ce ne sono alcuni che possono già farci riflettere anche attraverso la descrizione che ne viene data.
“ La floriterapia è in grado di trasformare un prato verde in un prato fiorito” è una descrizione che a me è sempre piaciuta.

Io utilizzo sia i Fiori di Bach che i Fiori Australiani, che sono fondamentalmente similari tra loro sia per i metodi di estrazione che per la filosofia che li accompagna, ma gli australiani ovviamente sono estratti dai fiori delle piante che crescono in questo spettacolare continente dove la forza della natura è ancora evidente all’uomo. La vegetazione australiana mi ha sempre colpita: grandi fiori, colori sgargianti, piante imponenti, dotate di vibrazioni energetiche potenti.
In questi giorni ho pensato molto ad un fiore  australiano in particolare, grazie alle persone e alle situazioni che mi hanno circondata: il Dagger Hakea.
Le Hakea sono arbusti disordinati, che non raggiungono grandi dimensioni, producono fiori dal colore bianco/crema e dal profumo gradevole di miele e cannella che sbocciano in tarda primavera, mentre il loro frutto è legnoso e appuntito come un pugnale (dagger appunto).
Questa pianta cresce nelle brughiere lungo i sentieri del bush australiano rendendo il passaggio difficile.
Il rimedio ottenuto da questo arbusto è utile alle persone “pungenti”, le cui parole a volte risultano come pugnali per chi le riceve. Spesso sono persone che serbano vecchi rancori inespressi generalmente verso qualcuno a loro molto vicino (ex amanti, famigliari, vecchi amici…). Questo fiore favorisce l’espressione dei sentimenti e il perdono rielaborando il risentimento e il rancore nascosti per tanto tempo. Le persone Dagger sono apparentemente molto dolci ma nel profondo nascondono una grande rabbia che può diventare travolgente, frutto spesso di un sentimento di amarezza.

UNA BREVE VISUALIZZAZIONE

Esiste un esercizio di visualizzazione molto interessante da fare per attivare il processo di perdono. Cercatevi un posto tranquillo e appartato, prendetevi un po’ di tempo, sedetevi o distendetevi in modo comodo e respirate profondamente a occhi chiusi fino a raggiungere uno stato di quiete. Visualizzate ad una ad una le persone verso cui provate risentimento. Immaginatevi di essere di fronte all’interessato e di far partire una corda dal vostro e dal suo ombelico che si andranno poi a legare assieme. Pronunciate a voce alta il nome della persona seguito dalla frase “il rancore che nutro per te è causa di…” ed elencate tutte le ragioni di tale risentimento. Una volta completato l’elenco pronunciate il nome della persona e la frase “Ti voglio bene e ti perdono” immaginando di tagliare la corda che vi lega. Ripetete il processo due volte, cercando di riportare altri stati di risentimento dimenticati la prima volta, fino ad esaurirli.
Vedrete che la sensazione finale sarà di grande sollievo!

“Il perdono è la più grande e meravigliosa forma d’amore. In cambio si riceveranno una pace e una felicità immense” 
R. Muller